domenica 8 giugno 2008

Bardolino Chiaretto Classico 2007 Raval

Tra i fan dei vini rosati c’è una doppia scuola: chi preferisce il tono pastello, chi ama le tinte più forti. Il Chiaretto targato Raval è per i secondi.
Raval è azienda piccoletta, lungo la strada che da Bardolino city porta verso Cavaion Veronese. I Rossi sono i titolari.
Ha, questo loro vino chiarettista di Bardolino, bel colore rosato abbastanza carico, con riflessi leggeri di buccia di cipolla.
Al naso appare dapprima magari un po’ vinosetto, ma poi ecco esplodere la ciliegia e il lampone.
In bocca è sapido, fresco, ma anche polposo, ricco di frutto. La ciliegia torna fuori netta, un po' acerba, croccante. La mela – rossa – è pur’essa croccantina.
Il finale è lunghissimo, e sfodera vene di vaniglia e di cannella.
Due lieti faccini
8 giugno 2008

Ceppo 326 spumante metodo classico rosè San Giovanni

È tornata a chiamarsi San Giovanni, come in origine, l’azienda dei Pasini, alla Raffa. E il Ceppo è il loro spumante, fatto col metodo classico. In bianco o in rosa.
Qui dico del rosa. Che ho assaggiato di recente.
Il colore a dire il fero è d’un rosa quasi accennato, appena un po’ più che giallo.
Ha olfatto curioso, speziatissimo: vaniglia, cumino, pepe rosa. Speziatura minuta. Vi si sommano, direi – ed esito un po’ a dirlo, ché non vorrei foss’autopersuasione per via del colore -, tonalità di petalo appassito di rosa. Ed è tutto un parlar di rosa e rose in queste righe, ammetto.
In bocca è cremoso. Ma nervoso, anche. E il carattere vibrante rischia di confinare un po’ in secondo piano la spezia e il frutto.
Due liti faccini :-) :-)
1 giugno 2008

domenica 11 maggio 2008

Amarone Classico della Valpolicella Villa Rizzardi 2001 Guerrieri Rizzardi

Ah, se è buono quest’Amarone! E col tempo, sta migliorando ancora.
Confesso (è una colpa? non so) di non essere in genere un super-fan dei rossi amaronisti, ché berlo a tavola è spesse volte difficilino berli, e dunque occorre più che altro degustarli. O usarli per quelle che gli americani chiamano le special occasion.
Ma quando trovo un bottiglia d’Amarone che abbia il suo bell’equilibrio, be’, son pronto a rivedermi, a ricredermi. E in questo caso non ho dubbi: il Villa Rizzardi del 2001 è un Amarone di quelli buoni assai.
M’era piaciuto un annetto e mezzo fa. L’ho ritrovato in tavola una sera della settimana del Vinitaly, e m’ha sorpreso per quant’è cresciuto ancora nell’eleganza, nella finezza. E sono queste le prerogative - assieme alla beva - che soprattutto cerco in un vino.
Al naso e in bocca è un tripudio di frutto rosso maturo - ma non stramaturo, non marmellatoso -, e poi di spezie orientali, ed anche - tanto - d’erbe officinali, alpestri.
C’è concentrazione, ma anche slancio di freschezza. E succosità. E il tannino è ben modulato, vellutato, avvolgente.
E c’è fruttata lunghezza infinita.
Gran vino.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
11 maggio 2008

domenica 4 maggio 2008

Rebo 2005 Pratello

Il rebo è un vitigno nato nel 1948 dall'incrocio fra merlot e teroldego.
Vigna trentina, facile capirlo: l’ha creata Rebo Rigotti (ecco il perché del nome: un’autointitolazione) all'Istituto Agrario di San Michele. Ma forse più che in Trentino, sta destando da qualche anno attenzione sulla riva lombarda del lago di Garda. Dove lo si sperimenta in purezza, oppure come sostegno all’autoctono groppello.
Una bell’interpretazione l’ho trovata da Pratello, azienda delle colline della Valtènesi, a Padenghe (ha, tra l’altro, buon ristorante: quasi tutti prodotti aziendali, perfino la carne e i salumi, da provare). Il Rebo 2005 ha carattere ed eleganza.
Naso tra il fiore (anche appassito) e il frutto (la mora e la prugna, soprattutto).
Bocca densa, epperò anche di bello slancio, ché la freschezza sostiene e prolunga il tono fruttato. Il tannino è disteso. Sul fondo, un ricordo di noce.
Rosso di buon appagamento.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)

4 maggio 2008

sabato 26 aprile 2008

Soave Classico Superiore Monte di Fice 2006 I Stefanini

A volte è bello sentirsi un talent scout. Credo di essere stato tra i primi a parlare dei Stefanini, a Monteforte d’Alpone.
Ebbene: se tempo fa ne scrivevo su InternetGourmet come di una promessa, adesso I Stefanini sono una realtà del Soave. Della zona Classica. Collinare, dunque.
Il problema è che se nella annate 2004 e 2005 m’era piaciuto di più il Monte de Toni, fra i loro due crû del Monte Tenda, col 2006 i rapporti si sono invertiti, e adoro adesso il Monte di Fice.
Mica che il Monte de Toni ‘06, Soave Classico, sia male, nossignori: da comprare a occhi chiusi, con quel suo mix di frutto e mineralità.
Ma il Monte di Fice - Classico Superiore docg - per pulizia, frutto, pienezza, personalità è un proprio gran bianco, sissignori: una delle più belle bottiglie soaviste dell’annata, credetemi. E a prezzo piccolino: da mettere in cantina a casse intiere.
Al naso ha qualche vena di fiori essiccati e un po’ - come dire - fumé, eppoi qualche traccia (di già) minerale e quel frutto pienotto ch’è tipico della miglior garganega.
Alla bocca, ecco che il frutto si fa pienissimo, avvincente, costante. Ma per nulla ruffiano. Sorretto da una bella freschezza. Con una polpa di spessore. E in fondo, il finale si fa quasi asciutto e il frutto rotola lunghissimamente sul palato.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
26 aprile 2008

Bianco di Custoza Superiore Amedeo 2006 Cavalchina

Ho amato il 2004, m’è molto piaciuto il 2005, trovo elegantissimo il 2006. E già, l’Amedeo, il Custoza Superiore della Cavalchina, è proprio un grande bianco.
Eleganza, dicevo. E finezza. Quelle cose che adoro nell’espressione bianchista. Ché non cerco il profumo sfacciato, la polpa a tutt’i costi. Nossignori: è altro che fa splendido un vino. E l’Amedeo questo «altro» ce l’ha, ed è nello stile, che non è per nulla aggressivo, per niente sopra le righe, epperò sicuro, netto, personale.
Al naso riconosci il frutto, e diresti che la garganega è in bel rilievo, con quella sua mela croccante. E c’è anche vena di pesca bianca matura. E florealità estiva.
E in bocca eccolo riproprsi di pari impatto. E ha in aggiunta invitante freschezza, e lunga persistenza, e bel finale asciutto, che però lascia di nuovo uscire il frutto, integro e netto, a dare pienezza alla beva, e soddisfazione.
Gran vino.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
6 aprile 2008

mercoledì 26 marzo 2008

Corvina Veronese Campo Massimo 2006 Albino Piona

Ecco, questo è un vino che non mi aspettavo. E che mi piace, appunto, inaspettatamente. E che mi fa pensare.
È una corvina veronese che viene dalla zona di Custoza, terra bardolinista. Ma il vino, rosso, è igt. Fuori doc. Ché la doc del Bardolino non ammette pura e sola corvina, ed è appunto questo che mi dà da pensare. Nel senso che sì, son d’accordo, è bene salvare l’uvaggio tradizionale, e dunque anche la rondinella, e la molinara, e magari la negrara, la rossara. Ma mica dappertutto le uve vengon tutte buone, e alcune terre son più vocate per la corvina sola, ed è un peccato che non la si possa imbottigliare come Bardolino, ché e i risultati son come questo Campo Massimo d’Albino Piona, be’, mi viene il dubbio che siano occasioni perdute per il Bardolino. E che anzi l’occasione perduta sia stato il Superiore del Bardolino, che è a mezza strada fra il Bardolino e il Valpolicella, e dunque - accusano molti - né carne, né pesce. E invece poteva esser ben altra cosa, magari esaltando il terroir e l’uva d’eccellenza, che è la corvina, appunto.
Il vino, adesso. Che è Bardolino in pectore, sissignori, ché del rosso bardolinista ha la fragranza e la beva. Ed è corvina autentica, ché della corvina ha la spezia e la ciliegia e la mora. Al naso e in bocca. Ed è succoso e gratificante sulla mensa e di bella persistenza al palato e per nulla invadente nel tannino, che è ben modulato, o nell’acidità, che è calibrata, e nella speziatura pepata, che è intrigante, ma ben integrata. Ed ha eleganza senza voler essere bottiglia «da degustazione», ma piuttosto da tavola autentica.
Che dire di più, se non che ci si deve riflettere, in zona, su vini di questa tipologia? Riflettere positivamente, intendo.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
25 marzo 2008

lunedì 17 marzo 2008

Soave Classico 2006 Balestri Valda

Ecco, il Soave ha questo di bello, che ne puoi interpretare l’anima fruttata e anche quella minerale, su quelle colline dalle terre di vulcano.
Ecco, il Soave targato Balestri Valda - leggasi Rizzotto family - le due anime soaviste le interpreta entrambe, in contemporanea, mettendole in luce fin da subito, senz’esitazione. E lo fa con personalità che può apparire rustica e fors’anche scorbutica, così, di primo acchito. E insomma: non è bianco di quelli piacioni e furbini e dolcini, nient’affatto. Cosa che ti fa pensare che lo scorrere del tempo non gli può che far bene. E insomma: è bianco di carattere, che ama stare a lungo in bottiglia.
Ordunque, eccoci col 2006 che comincia solo adesso a farsi adulto. Ampia parte garganega, con un quinto di trebbiano di Soave. E vigne ancora giovinette.
Lo porti al naso, questo 2006, e avverti il frutto giallo e, sul fondo, la vena minerale. Non ha esplosioni, nelle fragranze, ma finezza.
E in bocca l’attacco è in sintonia col fruttato e con la nota basaltica. E trovi gran bella vena acida, fresca. Che fa vibrare il palato. E il finale è asciutto, graffiante. Non mira a piacere a tutt’i costi.
Mi piacerebbe riberlo di qui a un paio d’anni.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
16 marzo 2008

lunedì 3 marzo 2008

Villa Cordevigo Rosso 2003 Villabella

Villa Cordevigo è un bel palazzo nella campagna di Cavaion, entroterra del lago di Garda, che sembra un po’ Toscana, con quel filare di cipressi e poi le vigne e il colle dietro e la chiesetta. E insomma: un gioiellino.
È destinato, quel bel palazzo in terra cavaionese, a diventar sede di Villabella, azienda affermata dell’area benacense. E ha dato nome, intanto, la villa, a un rosso che ha ambizione (e sta uscendo anche un bianco con la stess’intitolazione).
Il Villa Cordevigo Rosso è un igt. Vien fatto con corvina, cabernet sauvignon e merlot. E mira alla concentrazione (l’uva fa breve appassimento). Eppur conserva quel che di freschezza che caratterizza i vini della Gardesana. Anche nella pur torrida annata del 2003.
Ordunque, eccolo nel bicchiere, rosso granato. Denso.
Ha profumi fruttati. Intensi. Ciliegia e i piccoli frutti di bosco (mirtillo, mora di rovo), come t’aspetti. E leggeri sentori, direi, di cacao, e anche questo è, in fondo, atteso.
Ora, il palato. E qui il vino è concentrato e avvolgente, eppure ha anche - dicevo - scatto, ed è quasi incredibile per l’annata. Ha tannino morbido. E gran frutto. Che si mastica.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
3 marzo 2008

giovedì 28 febbraio 2008

Lugana 2006 Tenuta Roveglia

Era dall’estate dello scorso anno che non avevo occasione di ri-bere il Lugana 2006 della Tenuta Roveglia. E l’occasione è arrivata, inattesa, in un break d’un congresso, pensate un po’.
La scelta era fra un Rioja spagnolo, che non m’è sembrato granché, e questo bianco luganista, che già m’era piaciuto in passato e che ho trovato davvero adesso irresistibile in fatto di beva. E così ho finito per berne due bicchieri e mezzo, che magari è un po’ tanto se devi far da relatore a una platea, epperò non ho saputo resistere.
M’è piaciuto, già. E se devo entrar nel dettaglio, dico che m’ha appagato, soprattutto, quella bella freschezza centrale, salina, briosa, nervosa. Che dà slancio a quel bel fruttino giallo. E tira fuori le prime vene di mineralità argillosa, che è (dovrebb’essere) connaturata nei vini della Lugana.
Bene. E adesso attendo di tastare la nuova annata, dalla quale mi aspetto cose interessanti assai.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
28 febbraio 2008

sabato 16 febbraio 2008

Vallagarina Lagrein 2004 Castel Noarna

A vedere le foto, il posto è gran bello. Un maso-castello. Fra le vigne. Non ci sono mai stato. Ma ho cominciato ad assaggiarne i vini. E questo Lagrein non è niente male.
Vedo sul sito aziendale che dal 2007 i vigneti sono condotti in biodinamica. Il rosso di questa mia scheda è del 2004, ma ovvio che non ci si converte a conduzioni rigorose in quattro e quattr’otto.
Le vigne sono abbastanza giovani: fra i sei anni e la dozzina, leggo ancora, e qui sospendo le citazioni.
Ora, il vino. Che m’è piaciuto per la sua freschezza, l’immediatezza, il frutto. Ecco, magari c’è da attendere ancora un pochetto che quella minima traccia di legno sia del tutto assorbita, ma è rosso che si beve con piacere.
C’è marasca, in primis, all’olfatto ed al gusto. In continuità. E traccia di mora di rovo. E insieme, in bocca, buona polpa e bello slancio, che rinfresca. E sottilissima vena officinale.
Tasterò a breve gli altri vini. Credo sia azienda da seguire: se ne sentirà parlare.
Due lieti faccini :-) :-)
16 febbraio 2008

domenica 3 febbraio 2008

Giallo di Moscato Giallo 2006 Villa Medici

Ma guarda che coincidenza che ‘sta settimana mi trovo a recensire due bianchi da dieci gradi e mezzo: questo Moscato veronese e un Ugni Blanc Colombard della Gascogna.
Sarà caso, sarà patente a punti, sarà reflusso, sarà cambio d’orientamento. Sarà quel che volete, ma due bianchetti così ve li consiglio: dell’uno n’ho parlato tra i «fuori dei paraggi», dell’altro qui.
Ora, dovete sapere che la Caprara family, alias Villa Medici, ha cantina a Sommacampagna e vigne sulle morene del posto e di Custoza. Ed è appunto al Bianco di Custoza, nonché al Bardolino, che s’orienta la produzione. In buona (ampia) parte venduta ancora sfusa: c’è un continuo via vai di gente con canestri e damigiane quando andate a far visita all’azienda. E il bianco e il rosso delle colline del luogo son beverini.
Il Moscato è una specie d’hobby, che i Caprara interpretano bene coll’appassimento. Ma nella vendemmia del 2006 si son trovati produzione in più e pressa nuova, e allora han provato, quasi per gioco, a farci un vino da uva fresca. E grazie al cielo che quel gioco l’han fatto, ché n’è uscito questo vinello per l’appunto giocoso e dirò anche assolutamente gioioso. E non riesci a stappar la bottiglia senza finirla.
Il naso è varietale: moscato, appunto, e dunque pesca gialla e un po’ di fiori agrumati.
La bocca è sullo stesso tono. Ed è briosa, e quel pizzico di carbonica che ci han lasciato dà un pelo di frizzantino e mette in equilibrio gli zuccheri residui.
Vino aromatico e dolcino epperò mica da metter sul dessert, nossignori, ma da servir piuttosto come aperitivo, freddo. Ed è una piccola goduria di stampo quasi (quasi, ripeto: non esageriamo) alsaziano.
Certo, non ha pretese. Fa dieci gradi e mezzo, ho detto. E manca un po’ in profondità, in lunghezza. Ma va giù un gotto tira l’altro: che volete dunque di più?
Ah, volete costi poco, credo. Accontentati: sui 3 euro e mezzo.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
3 febbraio 2008

Trento Brut 2004 Madonna delle Vittorie

Alla Madonna delle Vittorie, Linfano, a un tiro di schioppo dal piccolo tratto trentino del Garda, fanno olio di valore. E vino. E bolle.
Stavolta parlo delle bolle: leggasi Trento doc, aderente al team del Talento, metodo classico, brut.
Ho provato il millesimo 2004. A tutto pasto. Con linguine al pesto (senz’aglio, ché non lo tollero, purtroppo) e pollo alla griglia. Ci stava benone.
Al naso lievito, classicissima crosta di pane, lieve, e nocciola.
In bocca proprio proprio la nocciola, piuttosto persistente. E una leggerissima vaniglia. E un po’ di fruttino di sottobosco. E bella struttura, robusta.
Ecco, sì, magari vorrei trovare la grana un po’ più fine, cremosa, ché quello cerco da uno spumante in prima battuta. Ma vabbé, qualche spazio di miglioramento glielo dovremo pur lasciare allo staff della Madonna delle Vittorie, no?
Il prezzo? Sul sito aziendale, sezione e-commerce, è in vendita a 11,5 euro.
Due lieti faccini :-) :-)
20 gennaio 2008

Merlot Bosco Grande 2004 Cantina Beato Bartolomeo da Breganze

In terra veneta il cabernet e il merlot si pronunciano mettendo bene in rilievo la t finale: cabernè-t, merlò-t.
Hanno, insomma, un tono dialettale anche questi vitigni che s’usano definire internazionali. E mica si pronunziano alla francese, dunque.
A Breganze, terra vicentina, i bordolesi - i vitigni, intendo - son di casa. E qui ne abbiamo un esempio che viene dalla Cantina del Beato Bartolomeo, un Merlot igt del 2004. Che ha piglio che vorrebb’essere, in realtà, non venetico ma, appunto, più globale. Per via della morbidezza d’assieme e della pienezza del frutto e dell’uso abbastanza consistente del legno.
Ne vien fuori un rosso comunque di buona piacevolezza.
Ha colore piuttosto scuro.
Al naso, la vaniglia e la ciliegia e la prugna matura e una vena leggerissima di spezia.
In bocca c’è corrispondenza nel frutto, che gioca sulla nota della dolcezza, e poi il tannino garbato e una discreta rotondità.
Nell’insieme, ben fatto.
In enoteca viene sugli 11-12 euro.
Due lieti faccini :-) :-)
12 gennaio 2008

Soave Classico Vigneto du Lot 2005 Inama

Fa vini di possanza e di pienezza, Stefano Inama, e quest’è nota comune sia ai bianchi che ai rossi. E non sfugge la portaerei bianchista, il Vigneto du Lot.
Naso intrigante da garganega macerata. Note di frutta gialla surmatura, di frutti antichi del bosco, di spezie - appena accennata - da dolcetto tedesco. Eppoi vene officinali, da erbe alpestri, da resine. E pian piano ecco uscire, nette, le memorie minerali dei suoli soavesi.
Bocca immediatamente piena, ampia, polposa. Frutto, tanto, giallo, stramaturo. E ricordi leggeri di frutta secca, di noce. E una sottilissima traccia di menta, di eucalipto. Bella freschezza, che dà vitalità al vino. E lunghezza considerevole, sul frutto e sulla mineralità.
Vino di sostanza, ho detto.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
6 gennaio 2008

Garda Bresciano Chiaretto 2007 Monteacuto

E già, i Chiaretti del 2007 cominciano di già a essere in bottiglia, anche perché l’anticipo della raccolta di quest’anno ha accelerato pure le fasi di cantina.
Una parte l’Antonio Leali da Puegnano l’ha messa in vetro una decina di giorni fa. Ero incerto se scriverne nella rubrichetta dei primeur o in quella delle bottiglie stappate, ma visto che il vino gira di già fra case e ristoranti, vada per la seconda.
Fa sempre Chiaretto di personalità, l’Antonio, nella sua cantinetta-garage a Monteacuto, frazioncina-ina-ina di Puegnago, costa bresciana del Garda. Per niente ruffiano, il suo rosato. E non si smentisce neanche stavolta.
Il naso è quello: petalo di rosa, mela cotogna, vene di spezia dolce.
In bocca è rosato che ha carattere e corpo e anche salinità in rilievo. E tornano i fiori e il frutto e s’aggiunge il fruttino di bosco. E qualche vena di clorofilla, sottile sottile.
Due faccini :-) :-)
19 dicembre 2007

Franciacorta Dosaggio Zero Cisiolo 2002 Villa Crespia

Caspita, che piglio imprenditoriale che ci hanno messo i Muratori nel fondare il loro arcipelago vinicolo, con le quattr’aziende impostate all’unisono in Franciacorta e Sannio e Maremma e Isola d’Ischia.
Villa Crespia è la sede franciacortina. E sotto questo marchio, dalle vigne di pinot nero della tenuta, ci trovate un Dosaggio Zero millesimato di bell’impatto. Annata (millesimo, pardon) 2002, vendemmia di quelle difficili e oltretutto da un vigneto ancora giovane. Eppure...
Ha colore fascinosamente dorato, il Cisiolo, con riflessi che direi di rame. E bolla piccoletta e graziosa.
Al naso ecco la crosta di pane, classicamente, e la nocciola tostata e la vaniglia e la nespola del Giappone quand’è stramatura e la bacca di sottobosco accennata.
In bocca è sapido, parecchio. Man mano s’avanza il fruttino ancora, e poi la mela croccante, e la noce e la mandorla e il litchie. E un vago cenno di colorofilla.
La carbonica è ben integrata in un corpo di rispetto, ma son convinto che con un’ulteriore sosta potrebbe fare ancor meglio. E c’è bella lunghezza.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
10 dicembre 2007

Gambellara Vin Santo 2004 Lino Sordato

Avevo scritto, nell’estate scorsa, dei vini di Gambellara, ma dicevo che non m’ero capitato di bere il Vin Santo, ch’è raro parecchio. E dunque ecco che Lino Sordato, che il Vin Santo lo fa, me n’ha portata una bottiglia.
E prima di portarmi la boccia m’ha scritto, presentandosi, così: «Io sono un giovane enologo e da qualche anno lavoro nell’azienda di famiglia; da quando mi son immerso nella produzione del vino ho voluto ripescare la tradizione del Vin Santo che per una decina d’anni si era fermata nella mia famiglia. Dal 2004 quindi ho cominciato a raccogliere le uve, appassirle e spremerle per ottenere questo splendido vino».
Insomma, ecco che adesso l’ho provato, questo suo primo 2004, ed è però prova en primeur, perché uscirà solo in questi giorni, tra fine anno e l’inizio del 2008.
Ma prima di dire come l’ho trovato, riprendo ancora qualche parola del produttore: «Per produrre questo vino ci vuole tanto amore e tanta passione e il tutto comincia con la cura della vite, vite che già negli anni ’40 mio nonno Lino aveva piantato sulle colline vulcaniche (ricche di basalto) di Selva. Si prediligono vigne vecchie e di collina perché son quelle che producono meno uva, grappoli spargoli e dorati ricchi di sapore e di struttura. Verso la metà-fine di settembre l’uva viene raccolta scegliendo solo ed esclusivamente i grappoli migliori, i primi, o meglio, più vicini al fusto, dorati (tendenti al rosato, indice di un’ottima garganega di collina ben matura). Poi, una volta raccolti, portati in azienda, appesi su dei fili (come faceva il nonno) in granaio per un lungo e lento appassimento. E poi, nel mese di marzo-aprile la pigiatura per ottenere quel mosto così ricco e concentrato che successivamente andrà a fermentare in parte in damigiana e in parte in piccole botti di legno di varie essenze come un tempo si faceva. Ed infine il riposo per 3-4 anni prima della vendita».
Ora, eccoci al vino.
Giallo dorato. Oleoso e denso lo si vede girare nel bicchiere.
Bel naso. Cachi maturi. Nespola di bosco. Tabacco fermentato, bagnato. Spezia dolce. Rustico e fascinoso.
In bocca, ecco che il vino è grasso, e dolce, tanto. Mieloso. Lo zucchero è tanto, tanto, e il nettare rischia la stucchevolezza, magari, ma c’è freschezza che lo salva ed ha anche lunghezza notevole e avvolgenza.
Interessante, sì. E sarebbe interessante vieppiù riprovarlo fra un paio d’annetti o anche ben oltre, quando usciranno man mano le note terziarie e ci saranno i primi accenni d’ossidazione.
Due lieti faccini :-) :-)
10 dicembre 2007

Recioto Classico della Valpolicella Uvapassa 2004 Villabellini

Oh, sì sì, Cecilia ha proprio cambiato marcia con le uve del sue brolo a Castelrotto. E se già col Taso 2003 m’aveva affascinato, adesso eccola ricalar l’asso con l’Uvapassa, Recioto.
Per il Recioto valpolicellese, quand’è buono, vado via di testa: è abbastanza risaputo fra chi mi conosce. Ma dev’esser buono buono, e intendo che se non ha equilibrio, ecco che subito lo trovo stucchevole, oppure inaccettabilmente tannico, oppur privo di slancio. Insomma, son difficile nel mio bere reciotista.
Ecco, l’Uvapassa del 2004, primo ri-tentativo d’appassimento dolce della new wave di Villabellini, è Recioto di quelli, appunto, buoni buoni.
Ha naso di noce e cacao e caffè e proprio da uva passa (rossa) e confettura di piccolo frutto e perfino pepe e una vena di menta.
Similmente complesso ecco che lo ritrovi al palato, col frutto macerato che si fa masticare, quasi, eppure anche con la sua bella, vitale, nervosa freschezza. E c’è memoria di fior di geranio macerato e di spezia finissima.
Recioto che intriga, signorsì.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
2 dicembre 2007

Alto Adige Kalterersee Auslese Classico Superiore Pfarrhof 2006 Cantina di Caldaro

Quasi la quadratura del cerchio: mettere insieme succosità del fruttino, distensione di beva e freschezza in rilievo eppure anche morbidezza, mica facile.
Eppure alla Cantina di Caldaro ci sono riusciti con questa schiava di bellissima bevibilità (credo ci sia dentro anche un pelino di lagrein). Ah, cosa sanno fare, oggi, con queste loro vernatsch in Alto Adige!
C’è continuità esemplare fra naso e bocca per quel che riguarda quel piccolo frutto, quella bacca di sottobosco che t’avvince. E c’è leggerissima vena valsamica, di fiori di montagna, direi, rinfrescanti.
Al palato, ecco che ti sorprende - e t’intriga - la curiosa, inusuale alternanza fra scatto acido e setosità materica, sensazioni che potrebbero sembrare in contrasto, e invece, in questo loro succedersi, porgono equilibrio. Ecco, è forse il contrasto ben calibrato che rende armonico il sorso. Ed elegante.
Vino che t’invita al nuovo bicchiere.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
26 novembre 2007

Valpolicella Classico 2006 Antolini

L’avevo provato quest’estate il Valpolicellino degli Antolini brothers, trovandolo ancora scorbutico. Ma ora finalmente eccolo adulto, pronto.
Ed è bel vinello, che si beve senz’impegno, ma anche con soddisfazione. Sbarazzino. Valpolicella d’antan. Che non mira dunque alla concentrazione, al muscolo. Ma alla beva soltanto, e digli niente...
Naso e bocca trovano continuità. Ha ciliegia magari un po’ acerba, lampone, ribes. Vena floreale di ciclamino, appena un accenno. Eppoi freschezza. Succosità. E discreta lunghezza.
Da metter più nel gòto (il tozzo bicchiere d’ostaria) che non nel calice panciuto.
Pier Paolo mi dice che le uve vengono un po’ da Marano e un po’ da Negrar. Lo stile è però, direi, più maranese, leggero e franco.
In cantina è a 4 euro.
Due lieti faccini :-) :-)
19 novembre 2007

Colli Orientali del Friuli Tocai Friulano Vigneto Storico 2004 Adriano Gigante

Metti una sera a cena a Chioggia, in una trattoria che fa buon pesce della tradizione e insomma hai tutte le premesse per star bene. Però a fianco hai una tavolata di tedeschi su di giri. Un po’ troppo.
Metti che questi si mettano prima ad accendere quelle stelline puzzolenti che si usano a Capodanno e poi non la smettano di sbraitare, e insomma che mandino a farsi benedire la tua speranza di passare una bella serata chioggiotta.
Metti però che in carta dei vini trovi, a buon prezzo, un bianco di quelli tosti e interessanti parecchio, e allora ti fai stappare quello e ti concentri sul bicchere, e insomma recuperi un po’ di buonumore.
Ecco, il mio incontro col Tocai Friulano 2004 di Adriano Gigante è andato così. E devo dire che magari c’erano le condizioni meno favorevoli per apprezzarlo, e invece s’è fatto benvolere parecchio, ‘sto bianco dei colli orientali friulani.
Al naso aveva bel frutto, direi tropicaleggiante, e note di fiori essiccati.
In bocca personalità spiccata. Vino di carattere, sissignori. E spalla acida ben impostata per dare slancio al frutto e alla beva. E il fiore che emerge. E in fondo (sarò mica stato suggestionato dall’essere in laguna?) direi quasi una vena salmastra. E una nuance mandorlata per chiudere.
Buono.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
11 novembre 2007

Soave Classico I Cerceni 2006 Cambrago

Bisogna segnarselo il Soave dei Cérceni. Perché è già qualche anno che dà bella prova di sé. E dunque ben rappresenta la vallata di Colognola.
Il 2006 è il più interessante che ho sin qui bevuto. Certo, l’annata aiuta. Ma direi che s’è anche trovata la strada giusta nell’interpretazione dell’uve della zona. Interpretando la garganega quasi sullo stile d’un riesling, mi spingo a dire. Vedremo.
Intanto, m’ha appagato la verde freschezza del vino. C’è note vegetale al naso. E bella florealità. Ed escono decise le stesse memorie al palato. E insieme ecco robustezza e sapidità quasi salina.
Poi, è bella la chiusura, che è asciutta e quasi tannica, come s’addice ai bianchi soavistidi razza. E ancora ecco affiorare, lunghe, le venature erbacee. E, in fondo, avanza il ricordo minerale.
Due lieti faccini :-) :-)
6 novembre 2007

Bardolino Superiore 2003 Corte Gardoni

Ora, dalle parti del mio lago si fa un gran discorrere del Bardolino Superiore, ché non si sa bene com’interpretarlo e neppure come definirne un ruolo.
Da parte mia, ho detto e scritto più volte che il Superiore che più m’intriga è quello che fanno i Piccoli (Gianni & figli) ai Gardoni di Valeggio sul Mincio, Southern Bardolino Area. Ché è rosso che ha sì bella concentrazione, ma soprattutto conserva quella beva quasi immediata, quel fruttino succoso, che sono tipici della tradizione bardolinista. Insomma: un Superiore di stampo borgognone.
Ho ristappato il 2003, e fu vendemmia di calura estrema, ricordate. E quel gran caldo, ecco, un po’ ti vien’in mente quando porti il bicchiere al naso, ché senti il frutto un po’ compresso.
Poi, però, la bocca è inconfondibilmente quella del Bardolino di Corte Gardoni, sissignori. E c’è ciliegia, matura e croccante, e c’è mirtillo, e c’è vena di lampone, e insieme esplode la speziatura, la pepatura delle corvine gardesane. E la beva è quella che gli conosci: piacevolmente succosa.
Oh, sì: questo è lo stile che più mi piace, nella scuola bardolinista. E riesce bene anche nell'annate toste come il 2003.
Due lieti faccini :-) :-)
28 ottobre 2007

Soave 2006 Marco Mosconi

Chissà cos’è che è passato per la testa al giovane Mosconi quando ha deciso di mettere un nome da crû al suo Soave base, lasciando invece la sola menzione della denominazione a quello di punta.
La qual cosa, s’ammetta, dà un po’ di confusione all’acquirente.
Sta di fatto che qui parlo del vino di punta, che si chiama Soave e basta. Ed è la prima edizione. Nel senso che il Marco Mosconi è new entry del mondo soavista, ed ha fatto la sua prima vendemmia proprio col 2006. E dirò che se il vino seguiterà a farlo come in questp suo esordio, è da seguirlo, e con attenzione.
Il bianco ha naso ancora un po’ compresso, ma bocca di già bella. Tesa, quasi tannica. E ha polpa (frutto bianco) e lunghezza. E carattere.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
23 ottobre 2007